La domanda con cui
avevamo chiuso il precedente post, era:
"di quanto
dovrebbero diminuire adesso le pensioni per consentire l'adozione di un tasso
di rendimento presunto che possa lasciar sperare nella successiva possibilità di creazione di surplus?"
La chiave di lettura "ufficiale"...
Vediamo, per cercare una risposta, il contesto entro il
quale si sono mosse le nostre pensioni negli ultimi anni.
Gioverà avere sott'occhio la tabella già vista nello scorso
post, ampliata ad alcuni esercizi antecedenti il 2008 e con il rendimento
finale "ufficiale" per il 2016 che, per la Sezione 1°, si attesta al
3,27%.
Possiamo verificare che il rendimento effettivo
(rivalutazioni immobiliari escluse), è sempre stato, dal 2007 in avanti e con
la sola eccezione del 2012, inferiore al rendimento presunto pro tempore in
vigore, inferiore anche, dal 2013 in poi,
all'attuale 4%, che il tasso presunto attuale.
Questo ha generato, anno dopo anno, un deficit in B.T. che ha imposto, per ben tre
volte, il ritocco al ribasso dell'aliquota di retrocessione.Ciò sta a significare che il livello di rendimento presunto adottato nella redazione di quei B.T. era troppo ottimistico, così come ottimistico sembra ancora anche il 4%.
Rendimento effettivo inferiore al rendimento presunto,
significa che il patrimonio della Sezione cresce in misura inferiore a quella
prevista dal B.T.; anche le pensioni sono ritoccate al ribasso, ma la minor crescita del patrimonio risulta assai
più consistente - in cifra assoluta - della diminuzione delle pensioni.
Il delta tra le due
misure rappresenta il deficit che il B.T. registra per quell'esercizio.
Come fermarci su questa china?
O ci salva il mercato - rendimenti effettivi brillanti per
i prossimi anni - o si abbassa il
rendimento presunto ad un livello molto più prudenziale (altre strade, non percorribili,
le abbiamo viste nello scorso post).
Supposto p.e. un livello al 3%, si potrebbe far conto - anche se ciò non è garantito - su rendimenti
effettivi futuri che, se davvero superiori a questo 3%, consentirebbero di tornare
a generare surplus, e quindi invertire questa direzione.
Abbassare il rendimento presunto ( = avere maggiore
probabilità di veder crescere il patrimonio), significa ridurre subito le
pensioni: di quanto sarebbe allora tale riduzione?E se, per rendere ancora più possibile l'ipotesi, il tasso fosse abbattuto al 2%?
Non abbiamo la risposta, e non potremo averla senza conoscere
alcuni dati essenziali del B.T.
E' comunque verosimile che un intervento adeguato sul tasso
di rendimento presunto, comporti una riduzione delle pensioni che non sarebbe solo
di facciata, ma che si farebbe sentire sull'assegno.
Risultato di fronte al quale è facile pronosticare un
"no" unanime da parte dei pensionati.
Prima tuttavia di scartare
l'ipotesi, vorremmo proporre una valutazione della situazione secondo una
angolatura diversa.
Nello scorso giugno, quando il CdA del Fondo ha introdotto i
noti ribassi nell'aliquota di retrocessione e rendimento presunto, è stato
detto che "... i correttivi presi in sede di redazione del Bilancio
Tecnico tutelano i pensionati, poiché diluiscono
nel tempo eventuali minusvalenze."
Ma questo non è l'unico modo di "leggere" quei
provvedimenti.
...e quella
"alternativa"
Nel gennaio 1996 entra pienamente a regime il nuovo sistema
di indicizzazione delle pensioni al rendimento del Fondo, in sostituzione del
precedente meccanismo che le indicizzava agli stipendi.
Ma le pensioni risultano troppo alte rispetto al patrimonio
della Sezione, e si deve, da subito, introdurre il correttivo rappresentato
dall'aliquota di retrocessione (allora venne fissata al 90%). Viste le risultanze del B.T., si sarebbero dovute ridurre le pensioni già da allora, ma presumibilmente prevalse l'ottimistica aspettativa che i rendimenti degli anni successivi avrebbero agevolmente ricostituito il patrimonio.
Dati i mercati all'epoca, tale aspettativa risultava fondata assai di più di quanto la stessa non appaia oggi. (anzi, come detto in precedenza, oggi possiamo parlare di "illusione" più che di "aspettativa"!)
Situazione analoga di fronte al "meno" 8,40% del
funesto 2008: anche allora nessun intervento sulle pensioni.
Pensionati contenti e grati, ma, dato che i mercati vanno
poi in tutt'altra direzione di quella sperata,
dal 2011 in avanti si devono registrare ben tre revisioni al ribasso
dell'aliquota di retrocessione perché il patrimonio non regge alle verifiche
del B.T., che, con gli attuali parametri, risulta in equilibrio solo con le
pensioni che, per i futuro, scendono dello 0,94% all'anno.
Questa cronistoria dice allora semplicemente che il livello
delle pensioni di oggi non è sostenibile dal patrimonio del Fondo, patrimonio
che, valorizzato in B.T. ad un tasso "ottimistico", continuerà
probabilmente ad essere eroso anche in
futuro per effetto di rendimenti effettivi inferiori ai presunti.
Il ché in altri termini significa - questa è l'altra
"chiave di lettura" cui ci riferivamo sopra - che
le pensioni di oggi
stanno erodendo quelle di domani
così come quelle degli anni '90 hanno eroso quelle odierne,
e il processo, in assenza di correttivi, è destinato ad accelerare ed
aggravarsi.
Niente di diverso del resto da quanto succede con le
pensioni pubbliche (quelle dell'INPS per capirci), perché il nostro Fondo è
nato con gli identici "peccati originali" portati allo scoperto da
una evoluzione assolutamente imprevista delle variabili economiche e
demografiche su cui l'impianto si fonda.
Quindi quanto sta succedendo nelle modifiche al ribasso
dell'aliquota e tasso di rendimento presunto, non "diluisce nel
tempo", ma "sposta più in là nel tempo" la resa dei conti, cioè
l'intervento di riequilibrio, che più si prosegue su questa strada, tanto più
pesante diventerà, rispetto ad oggi, sulle pensioni.
Quindi non "favorisce i pensionati", ma
"favorisce i pensionati di oggi",
come ha favorito i "pensionati di ieri" in danno ai "pensionati
di oggi", che a loro volta risultano favoriti in danno ai "pensionati
di domani". Quando l'intervento di riequilibrio dovrà essere attuato, questo avverrà a carico delle pensioni di allora, cioè in danno, appunto, dei pensionati di allora.
Lo potremmo anche dire con parole diverse: ogni volta che, a
seguito alle risultanze di un nuovo
B.T., si è trattato di intervenire sulle due variabili fondamentali,
tasso di rendimento presunto e aliquota di retrocessione, chi era chiamato a
decidere - ma, in realtà, chi decide?
- ha adottato la mano leggera (più leggera di quanto sarebbe stato necessario)
sulle pensioni in vigore lasciando il problema ai beneficiari delle pensioni
future: "un taglio più leggero oggi per noi che ci siamo, e che il taglio
pesante se lo assorba chi ci sarà domani".
La modifica di questo scenario, lo ripetiamo, può venire
solo da rilevanti e prolungati rialzi del rendimento effettivo degli attivi,
cioè da un rafforzamento del patrimonio a seguito di ripetuti rendimenti
effettivi ben superiori al tasso presunto, ipotesi che oggi noi riteniamo, principalmente
per la composizione degli attivi della Sezione, illusoria.
Una "presa di
coscienza" del problema
Ci teniamo a precisare che non facciamo il tifo né per l'ipotesi
di mantenere lo status quo, né per quella del taglio al tasso di rendimento
presunto, quindi alle pensioni (chi scrive, per la cronaca, già da anni gode della pensione del Fondo, ed
è quindi tra coloro che da tempo "beneficiano" dello status quo).
Ne tanto meno vogliamo fare "terrorismo
informativo".
Ci eravamo posti come obiettivo quello di approfondire un
argomento, il B.T., che pochi conoscono.
Questo approfondimento ha portato necessariamente con sé le considerazioni
fatte su patrimonio e pensioni, e quindi alle conclusioni, poco piacevoli ma inevitabili, che abbiamo
esposto.
Sono conclusioni note (a pochi) ma ignorate, oppure non ci
si è proprio mai resi conto del problema?
Comunque sia, sono conclusioni da prendere come "presa di coscienza" di un problema, delicato e scomodo, che non è mai stato portato in luce, ma che esiste.
Se c'è una malattia potenzialmente pericolosa, non è certo
nascondendola al malato che la si cura!
Quindi adesso del
problema si dovrebbe almeno incominciare a ragionare senza tabù e pregiudizi, avendo
presente che, per lavorare, è necessario avere, se non il B.T., quanto meno lo
sviluppo della componente finanziaria, o, in mancanza, simulazioni su differenti scenari sulla base
dei quali valutare le alternative per assumere decisioni che rispondano agli
interessi di tutti gli iscritti.
Chissà se qualcuno si assumerà il compito di aprire il
dibattito, o se invece, per quieto vivere, il problema verrà ignorato, o se ancora la questione verrà
liquidata come frutto di "illazioni
e supposizioni di chi si pone fuori dalle regole dell'Organizzazione".
Pronti in ogni caso da parte nostra a fare ampia ammenda se
ci viene dimostrato che abbiamo preso lucciole per lanterne.
Qui mettiamo la parola "fine" all'argomento
Bilancio Tecnico, augurandoci che le spiegazioni sull'argomento siano utili a
quanti vogliono - o dovrebbero
- saperne di più sulle regole
fondamentali che legano le variabili finanziarie che generano le modifiche al nostro assegno, ed augurandoci
anche che nessun collega ci tolga il saluto perché pensa che vogliamo tagliare
le pensioni, o perché, sulla riva opposta, ha appena appreso che le pensioni
dovevano essere tagliate prima.
Sono un pensionato della sez. 1a. Quando andai in pensione il 1°- 10- 1996 mi9 dissero che il ciclo della sez. 1a doveva concludersi tra il 2076/2078 quando tutti i beneficiari(comprese le pensioni reversibilità)si sarebbero estinti. Ora invece leggendo gli articoli suddetti sì ipotizza che le pensioni dovrebbero diminuire per non danneggiare i pensionati di domani. Io da povero ignorante mi chiedo ma la sez.1a non dovrebbe per sua natura come era stata impiantata continuare a generare dei deficit annuali sempre più negativi e in sostituzione intaccare il capitale istituito con l'istituzione di questa sezione? E' ovvio che a un certo punto non ci sarà più alcun supporto da parte di quelli inseriti nella 1a sezione. Ma la cosa non era stata prevista nel 1995? Perciò il discorso altamente qualificato da Giuseppe Masello non mi quadra affatto. Vuole il sig. Masello rispondere a questo dilemma? Cos'è cambiato dal 1996 ad ora e che ha fatto l'attuario di allora che è stato pagato profumatamente per arrivare a queste conclusioni. LIVIO ROSSI
RispondiEliminaCaro Livio, rispondo volentieri al tuo commento che mi offre l'occasione per cercare di chiarire meglio concetti comunque abbastanza complessi.
EliminaNella Sezione 1°, dicendo che "calano le pensioni", dobbiamo capirci sul cosa intendiamo con queste tre parole.
Il primo significato è che, nella Sezione 1°, con il tempo, "cala il numero delle pensioni da pagare".
Questo è quello che, se non capisco male, rappresenti tu nella tua mail.
E tu stesso ti dai la corretta spiegazione : trattandosi di sezione chiusa a nuovi ingressi (anche se ci sono iscritti alla Sezione che sono ancora in servizio), il numero di pensioni che ogni anno viene pagato, cala costantemente per un semplice effetto demografico: gli aventi diritto via via muoiono e non sono "rimpiazzati".
Il patrimonio della Sezione è armonicamente distribuito nel tempo agli aventi diritto - quindi si riduce negli anni in maniera coerente con la diminuzione delle "teste" - fino all'ultimo superstite, e poi il patrimonio si azzera.
Se invece, dicendo che "calano le pensioni" ci riferiamo al fatto che la pensione di ogni singolo iscritto, diminuisce - o può diminuire - di importo, allora parliamo di fenomeno completamente diverso, giustificato da altre cause, principalmente di natura finanziaria.
E qui, per spiegare le mie affermazioni, entrano in ballo tutte le considerazioni fatte in tutte queste pagine nelle quali ho cercato di spiegare il B.T., che, ricordiamolo, è comunque solo una "previsione": l'attuario dice "se nei prossimi 60 anni succede esattamente questo ( ci specifica quali sono le variabili in gioco, e come le stesse dovranno muoversi) allora il B.T. è in equilibrio, cioè: il patrimonio di oggi è sufficiente a pagare tutti".
La variabile fondamentale è il rendimento futuro del patrimonio, cioè il tasso di rendimento presunto, che oggi è al 4%: se ogni anno, per i prossimi 60 anni, il patrimonio (titoli + immobili) frutta esattamente il 4% e tutte le altre variabili si comportano come previsto, allora il tutto è OK.
Questo dice l'attuario quando certifica che il B.T. è in pareggio.
Ma alla nostra pensione comunque, non verrà pagato ogni anno il 4%, verrà pagato solo il 64% di tale rendimento (= l'aliquota di retrocessione), quindi il 2,56% dal quale bisogna ancora dedurre il 3,5% (= il tasso tecnico) che è già pagato in anticipo, cioè è già compreso nella pensione: 2,56% meno 3,5% = meno 0,94%
Da qui una delle conclusioni che hai trovato nei post: se ogni anno davvero succedesse quanto ipotizzato nel B.T. - cioè il patrimonio fruttasse davvero il 4% e a parità di ogni altra variabile -
ogni anno le pensioni "pagate", subirebbero una decurtazione di quasi 1 punto percento.
Naturalmente è assolutamente impensabile che per i prossimi 60 anni il rendimento effettivo sia sempre del 4%!
E come si muoveranno le pensioni in funzione del livello del rendimento effettivo, lo trovi nel post "Bilancio Tecnico 3°: tiriamo qualche somma".
Chiarito questo, ti sarà senz'altro più facile comprendere anche tutte le altre considerazioni che ho sviluppato.
Spero che il quadro ti risulti ora più chiaro: non è assolutamente tragico come lo vedevi tu, ma certo il futuro qualche preoccupazione la lascia.
Un caro saluto...
Hello mate great bllog post
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