Con il '95, con l'introduzione della normativa di cui al D.Lgs, 124/93 che non consente più ai Fondi come il nostro di accogliere nuovi iscritti,
si deve abbandonare l'indicizzazione delle prestazioni ai miglioramenti contrattuali (la prestazione era finanziata sostanzialmente a ripartizione) e passare alla indicizzazione sulla base del tasso di rendimento del Fondo (finanziando l'intera prestazione in regime di capitalizzazione completa), con l’introduzione, ai fini di un miglior controllo dell’equilibrio del Bilancio tecnico, di una aliquota di retrocessione del rendimento, la cui misura viene determinata anno per anno dal CdA.
Con il nuovo sistema è chiaro che, se del rendimento
effettivo degli attivi ci viene retrocesso, ai fini delle variazioni del
trattamento, solo una quota, (oggi del 70%, ma in passato più differenziata),
significa che il residuo 30% rimane “acquisito” al Fondo. Rimane nel patrimonio
del Fondo.
Qualunque sia il rendimento degli attivi, purché positivo,
“il banco vince”: incamera sempre
qualcosa. Più sono elevati i rendimenti, più consistente risulta questo “qualcosa”.
Però abbiamo anche visto – dal 2008 in avanti – che a
fronte di rendimenti negativi della gestione, il CdA può decidere di mantenere
invariate le pensioni (seppur intervenendo su altri parametri) a condizione che
questo “distribuire rendimenti non conseguiti” non alteri l’equilibrio del
bilancio tecnico.
Risultato, quello del mantenimento dell’equilibrio, possibile
per una ragione molto semplice: le pensioni si possono mantenere invariate (=
indice applicato) anche di fronte ad un rendimento negativo (che avrebbe dovuto
portare alla riduzione delle stesse = indice calcolato), perché la differenza
negativa viene “ripianata” attingendo a questo “qualcosa” che, per facilità di
linguaggio, chiameremo impropriamente “riserva”.La “riserva” quindi, viene “ridistribuita” agli iscritti
Quando, perdurando rendimenti negativi sempre a fronte di pensioni invariate, questa “riserva” si è esaurita (o si è ritenuto di non assottigliarla ulteriormente), si è giocoforza dovuto procedere con una riduzione dei trattamenti, per non squilibrare il Bilancio Tecnico.
E’ successo nel 2012 e poi ancora quest’anno.
Laddove non fosse chiaro per tutti il significato di “Bilancio Tecnico” (B.T.), concediamoci
una breve digressione.
Il concetto, espresso in maniera estremamente semplice e
sintetica, è il seguente: occorre che il patrimonio della Sezione risulti
sufficiente a consentire il pagamento delle pensioni a tutti gli iscritti e
fino all’ultimo giorno di vita dell’ultimo iscritto.
Gli attuari, per verificare questo equilibrio, non avendo
ancora messo a punto il metodo “sfera di cristallo”, devono adottare delle
ipotesi di sviluppo delle – molte! – variabili in campo: devono definire il
probabile tasso di rendimento del patrimonio, la probabile vita residua degli
iscritti, tener conto di variazioni intervenute nella regolamentazione o nella
fiscalità, ecc., ecc., e vedere se, applicando l’insieme di tutte queste
variabili, l’attuale patrimonio della Sezione risulta sufficiente a pagare
il presente livello di pensioni -
compresi gli aumenti derivanti dall’applicazione del tasso tecnico di cui
abbiamo già parlato - fino all’ultimo superstite.
Teoricamente, quando questi se ne andrà, il patrimonio della
Sezione dovrebbe risultare azzerato: se il patrimonio si esaurisse prima,
significherebbe che al Fondo mancano soldi per pagare le ultime pensioni (e non
interessa qui stabilire se e chi dovrebbe caso mai farsi carico del deficit),
se invece avanzassero soldi ma non ci sono più pensioni da pagare,
significherebbe esattamente l’inverso: si sarebbero potute pagare – “prima” –
pensioni più alte (e questo invece interessa molto agli iscritti di oggi, che preferiscono...l’uovo oggi che nessuna
gallina domani!).
Lo sbilancio, positivo o negativo che sia, può derivare
dal modificarsi di una qualsiasi – o più
d’una insieme – delle variabili in gioco.
La stesura periodica del bilancio tecnico consente quindi la
verifica dell’equilibrio cui sopra: se il B.T. presenta un deficit, si
dovrebbero – almeno in teoria -
abbassare le pensioni attuali, se presenta un surplus, le pensioni
attuali si potrebbero aumentare.
L’aliquota non retrocessa – rendimento effettivo meno
aliquota di retrocessione - essendo che
rappresenta rendimento realizzato dalla gestione ma non ribaltato sulle
pensioni, accresce il Patrimonio della Sezione che, a parità di ogni altra
variabile, determina una eccedenza positiva nel B.T. (così di massima fino al
2007).
Così come, per converso, il pagamento, anche attraverso il
tasso tecnico, di rendimenti che non si sono conseguiti, depaupera il
patrimonio e finirebbe col generare deficit in B.T. se non si interviene sulle
pensioni. (2008/9/10/11, pur a fronte di risultati negativi le pensioni non
vengono toccate; 2012 dove invece, pur a
fronte di un modesto risultato positivo, le pensioni diminuiscono; 2013 modesto
risultato negativo ma pensioni invariate; e infine 2014 con risultato negativo
e pensioni ancora ribassate).
Questo meccanismo, innestato sui rendimenti conseguiti negli
ultimi esercizi, genera fatalmente una domanda. Che si innesta su un dibattito
che già da molti anni appassiona numerosi colleghi: quello che è avvenuto negli
ultimi – dal 2008 – anni, ha davvero azzerato le “riserve” createsi in
precedenza? ci sono ancora “riserve” che potrebbero oggi essere distribuite
senza alterare l’equilibrio del B.T.?
Abbiamo voluto approfondire la questione della
retrocessione, perché, almeno sotto il profilo “finanziario”, possiamo, adesso
che abbiamo capito bene il meccanismo, cercar di trarre delle conclusioni:
basterà mettere a confronto, in una tabella come quella riportata sotto, il
valore dell’indice “applicato” dal Fondo nel calcolo, anno per anno, delle
pensioni, con quello che sarebbe stato lo stesso indice se il rendimento
effettivo, al netto naturalmente del solo tasso tecnico, fosse stato retrocesso
per intero.
Come dire : che cosa ha pagato il Fondo tenendo conto che
una quota di rendimento non viene, insieme al tasso tecnico, retrocessa,
rispetto a quanto avrebbe pagato se tutto il rendimento (meno il tasso tecnico)
fosse stato retrocesso:
Il Fondo, scontata
l’aliquota di retrocessione, ha pagato in pensioni di più di quanto non avrebbe
pagato se avesse retrocesso i rendimenti al 100%! (scorporato in entrambi i casi
il tasso tecnico, e questo lo riteniamo oramai sottointeso).
Ritrasformando l’indice in % di rendimento, questa differenza vale all’incirca 6 punti percentuali.
Questo ci dice il “gioco” di queste variabili finanziarie.
E dato che dal 1995 ad oggi qualcuno di questi fattori negativi si sarà certamente materializzato ed avrà manifestato il suo peso – piccolo o grande che sia stato – in sede di redazione del B.T. di quell’epoca, il risultato già visto sta anche a significare che le “riserve” non solo hanno consentito di “pagare di più”, ma hanno anche consentito di assorbire l’effetto di fattori negativi di questa diversa natura che via via possano essersi materializzati.
Ritrasformando l’indice in % di rendimento, questa differenza vale all’incirca 6 punti percentuali.
Questo ci dice il “gioco” di queste variabili finanziarie.
Ma nella valutazione dell’equilibrio del bilancio tecnico,
entrano in gioco, abbiamo detto, una
serie di altri elementi di natura demografica, regolamentare, fiscale, e
quant’altro, che pure producono effetti finanziari sulle riserve tecniche, cioè
sulle grandezze patrimoniali espresse.
Effetti a volte – raramente – positivi (p.e. la gente andrà
in pensione più tardi); più spesso negativi (p.e. l’allungamento delle
aspettative di vita).
Se allora questo “di più pagato” non nasce dal gioco delle retrocessioni
e dei rendimenti, vuol dire che le “riserve” che hanno consentito di “pagare di
più” nascono, nella fase di definizione
del B.T.,
da una sovrastima di
qualcuno ( o più) di questi fattori negativi, oppure da una sottostima di
qualche fattore positivo.E dato che dal 1995 ad oggi qualcuno di questi fattori negativi si sarà certamente materializzato ed avrà manifestato il suo peso – piccolo o grande che sia stato – in sede di redazione del B.T. di quell’epoca, il risultato già visto sta anche a significare che le “riserve” non solo hanno consentito di “pagare di più”, ma hanno anche consentito di assorbire l’effetto di fattori negativi di questa diversa natura che via via possano essersi materializzati.
Ci sono ancora “riserve” nelle pieghe del B.T.?
Non lo sappiamo; non siamo capaci di fare noi il B.T. (e
anche se lo fossimo non abbiamo nessun dato su cui lavorare); qualche collega
tra di noi avrebbe competenze per “leggere” il B.T., ma il B.T. non ci viene
fornito; quindi ....dobbiamo fermarci qui.
Però le “riserve” c’erano (e meno male che sono state tirate
fuori quando davvero dovevano esserlo!), ed i colleghi di prima – quelli che animano
da anni il dibattito già ricordato – avranno buon gioco a sostenere che “allora
ce ne saranno senz’altro ancora”.
“A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca” diceva
quel noto personaggio...
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