In queste pagine cercheremo, da una parte di raccontare come funziona il Fondo con riferimento all'attività di investimento delle risorse - la gestione mobiliare principalmente - e dall'altra di formarci un nostro parere sulla qualità della gestione e sui risultati ottenuti. L’obiettivo è quello di fornire un apporto - modesto - affinchè ogni uno di noi sia in grado di esprimersi ragionatamente sulla gestione, per maturare, nel voto, decisioni ragionate.

C'è anche una pagina con qualche concetto elementare di "finanza", che ci auguriamo possa interessarti nella tua veste di "risparmiatore".

Se arrivi per la prima volta sul blog, ti suggeriamo di incominciare la tua esplorazione dalla pagina "Perchè". Capirai tutto meglio!

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venerdì 2 maggio 2014

RENDIMENTI SEZIONE I° E PENSIONI 3° : c'è ancora fieno in cascina?


Con il '95, con l'introduzione della normativa di cui al D.Lgs, 124/93 che non consente più ai Fondi come il nostro di accogliere nuovi iscritti,
si deve abbandonare l'indicizzazione delle prestazioni ai miglioramenti contrattuali (la prestazione era finanziata sostanzialmente a ripartizione) e passare alla indicizzazione sulla base del tasso di rendimento del Fondo (finanziando l'intera prestazione in regime di capitalizzazione completa), con l’introduzione, ai fini di un miglior controllo dell’equilibrio del Bilancio tecnico, di una aliquota di retrocessione del rendimento, la cui misura viene determinata anno per anno dal CdA.    

Con il nuovo sistema è chiaro che, se del rendimento effettivo degli attivi ci viene retrocesso, ai fini delle variazioni del trattamento, solo una quota, (oggi del 70%, ma in passato più differenziata), significa che il residuo 30% rimane “acquisito” al Fondo. Rimane nel patrimonio del Fondo.
Qualunque sia il rendimento degli attivi, purché positivo, “il banco vince”:  incamera sempre qualcosa.
Più sono elevati i rendimenti, più  consistente risulta questo “qualcosa”.

Però abbiamo anche visto – dal 2008 in avanti – che a fronte di rendimenti negativi della gestione, il CdA può decidere di mantenere invariate le pensioni (seppur intervenendo su altri parametri) a condizione che questo “distribuire rendimenti non conseguiti” non alteri l’equilibrio del bilancio tecnico.
Risultato, quello del mantenimento dell’equilibrio, possibile per una ragione molto semplice: le pensioni si possono mantenere invariate (= indice applicato) anche di fronte ad un rendimento negativo (che avrebbe dovuto portare alla riduzione delle stesse = indice calcolato), perché la differenza negativa viene “ripianata” attingendo a questo “qualcosa” che, per facilità di linguaggio, chiameremo impropriamente “riserva”.
La “riserva” quindi, viene “ridistribuita” agli iscritti
Quando, perdurando rendimenti negativi sempre a fronte di pensioni invariate, questa “riserva” si è esaurita (o si è ritenuto di non assottigliarla ulteriormente), si è giocoforza dovuto procedere con una riduzione dei trattamenti, per non squilibrare il Bilancio Tecnico.
E’ successo nel 2012 e poi ancora quest’anno.

Laddove non fosse chiaro per tutti il significato di “Bilancio Tecnico” (B.T.), concediamoci una breve digressione.

Il concetto, espresso in maniera estremamente semplice e sintetica, è il seguente: occorre che il patrimonio della Sezione risulti sufficiente a consentire il pagamento delle pensioni a tutti gli iscritti e fino all’ultimo giorno di vita dell’ultimo iscritto.
Gli attuari, per verificare questo equilibrio, non avendo ancora messo a punto il metodo “sfera di cristallo”, devono adottare delle ipotesi di sviluppo delle – molte! – variabili in campo: devono definire il probabile tasso di rendimento del patrimonio, la probabile vita residua degli iscritti, tener conto di variazioni intervenute nella regolamentazione o nella fiscalità, ecc., ecc., e vedere se, applicando l’insieme di tutte queste variabili, l’attuale patrimonio della Sezione risulta sufficiente a pagare il  presente livello di pensioni - compresi gli aumenti derivanti dall’applicazione del tasso tecnico di cui abbiamo già parlato - fino all’ultimo superstite.

Teoricamente, quando questi se ne andrà, il patrimonio della Sezione dovrebbe risultare azzerato: se il patrimonio si esaurisse prima, significherebbe che al Fondo mancano soldi per pagare le ultime pensioni (e non interessa qui stabilire se e chi dovrebbe caso mai farsi carico del deficit), se invece avanzassero soldi ma non ci sono più pensioni da pagare, significherebbe esattamente l’inverso: si sarebbero potute pagare – “prima” – pensioni più alte (e questo invece interessa molto agli iscritti di oggi,  che preferiscono...l’uovo oggi che nessuna gallina domani!).
Lo sbilancio, positivo o negativo che sia, può derivare dal  modificarsi di una qualsiasi – o più d’una insieme – delle variabili in gioco.

La stesura periodica del bilancio tecnico consente quindi la verifica dell’equilibrio cui sopra: se il B.T. presenta un deficit, si dovrebbero – almeno in teoria -  abbassare le pensioni attuali, se presenta un surplus, le pensioni attuali si potrebbero aumentare.

L’aliquota non retrocessa – rendimento effettivo meno aliquota di retrocessione -  essendo che rappresenta rendimento realizzato dalla gestione ma non ribaltato sulle pensioni, accresce il Patrimonio della Sezione che, a parità di ogni altra variabile, determina una eccedenza positiva nel B.T. (così di massima fino al 2007).
Così come, per converso, il pagamento, anche attraverso il tasso tecnico, di rendimenti che non si sono conseguiti, depaupera il patrimonio e finirebbe col generare deficit in B.T. se non si interviene sulle pensioni. (2008/9/10/11, pur a fronte di risultati negativi le pensioni non vengono toccate;  2012 dove invece, pur a fronte di un modesto risultato positivo, le pensioni diminuiscono; 2013 modesto risultato negativo ma pensioni invariate; e infine 2014 con risultato negativo e pensioni ancora ribassate).

Questo meccanismo, innestato sui rendimenti conseguiti negli ultimi esercizi, genera fatalmente una domanda. Che si innesta su un dibattito che già da molti anni appassiona numerosi colleghi: quello che è avvenuto negli ultimi – dal 2008 – anni, ha davvero azzerato le “riserve” createsi in precedenza? ci sono ancora “riserve” che potrebbero oggi essere distribuite senza alterare l’equilibrio del B.T.?

Abbiamo voluto approfondire la questione della retrocessione, perché, almeno sotto il profilo “finanziario”, possiamo, adesso che abbiamo capito bene il meccanismo, cercar di trarre delle conclusioni: basterà mettere a confronto, in una tabella come quella riportata sotto, il valore dell’indice “applicato” dal Fondo nel calcolo, anno per anno, delle pensioni, con quello che sarebbe stato lo stesso indice se il rendimento effettivo, al netto naturalmente del solo tasso tecnico, fosse stato retrocesso per intero.
Come dire : che cosa ha pagato il Fondo tenendo conto che una quota di rendimento non viene, insieme al tasso tecnico, retrocessa, rispetto a quanto avrebbe pagato se tutto il rendimento (meno il tasso tecnico) fosse stato retrocesso:                                                                                       
 

 
  Il Fondo, scontata l’aliquota di retrocessione, ha pagato in pensioni di più di quanto non avrebbe pagato se avesse retrocesso i rendimenti al 100%! (scorporato in entrambi i  casi il tasso tecnico, e questo lo riteniamo oramai sottointeso).

Ritrasformando l’indice in % di rendimento, questa differenza vale all’incirca 6 punti percentuali.

Questo ci dice il “gioco” di queste variabili finanziarie.

Ma nella valutazione dell’equilibrio del bilancio tecnico, entrano in  gioco, abbiamo detto, una serie di altri elementi di natura demografica, regolamentare, fiscale, e quant’altro, che pure producono effetti finanziari sulle riserve tecniche, cioè sulle grandezze patrimoniali espresse.
Effetti a volte – raramente – positivi (p.e. la gente andrà in pensione più tardi); più spesso negativi (p.e. l’allungamento delle aspettative di vita).

Se allora questo “di più pagato” non nasce dal gioco delle retrocessioni e dei rendimenti, vuol dire che le “riserve” che hanno consentito di “pagare di più” nascono,  nella fase di definizione del B.T.,
da una sovrastima  di qualcuno ( o più) di questi fattori negativi, oppure da una sottostima di qualche fattore positivo.
E dato che dal 1995 ad oggi qualcuno di questi fattori negativi si sarà certamente materializzato ed avrà manifestato il suo peso – piccolo o grande che sia stato – in sede di redazione del B.T. di quell’epoca,  il risultato già visto sta anche a significare che le “riserve” non solo hanno consentito di “pagare di più”, ma  hanno anche consentito di assorbire l’effetto di fattori negativi di questa diversa natura che via via possano essersi materializzati.

Ci sono ancora “riserve” nelle pieghe del B.T.?

Non lo sappiamo; non siamo capaci di fare noi il B.T. (e anche se lo fossimo non abbiamo nessun dato su cui lavorare); qualche collega tra di noi avrebbe competenze per “leggere” il B.T., ma il B.T. non ci viene fornito; quindi ....dobbiamo fermarci qui.

Però le “riserve” c’erano (e meno male che sono state tirate fuori quando davvero dovevano esserlo!), ed i colleghi di prima – quelli che animano da anni il dibattito già ricordato – avranno buon gioco a sostenere che “allora ce ne saranno senz’altro ancora”.

“A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca” diceva quel noto personaggio...

 

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