- tabelle che comparavano il rendimento 2012 (i dati 2013 non sono ancora disponibili) dei tre Comparti della Sezione 2° con quello dei Fondi Pensione Negoziali censiti da COVIP - con ancora un paio di grafici che mostrano in maniera più immediata il nostro posizionamento rispetto all’universo dei Negoziali, categoria con la quale il raffronto è assolutamente lecito.
La tav. 1 che segue, mostra il rendimento conseguito
nell’esercizio 2012 da ogni uno dei 40
fondi che indicano nel proprio benchmark una componente azionaria non superiore
al 30%.
Da tener presente, anche per altre considerazioni che
faremo, che altri 36 fondi dichiarano una percentuale azionaria più alta di
questo limite (v/ successiva tav. 3).
Il triangolino rosso indica la posizione dei tre comparti
della Sezione 2° del nostro Fondo: dal basso verso l’altro del grafico,
rispettivamente, per quanto intuitivo, il comparto a 3, 10 e 15 anni, le cui
quote di azionario, nell’asset al location strategica, risultano pari rispettivamente
al 9,75% - 20,75% - 27,75%.
Chiave di lettura: tutte le palline che, alla stessa altezza
o più basse, si collocano a destra del triangolino selezionato, rappresentano
altrettanti fondi che, con quota azioni uguale o più bassa, hanno ottenuto
risultato migliore; quanto più a sinistra si colloca il triangolino, tanto
peggiore il suo posizionamento rispetto ai “simili”.
Tav. 1
La successiva tavola 2 riporta gli stessi fondi posizionati in funzione del rendimento
annuo medio conseguito nei 5 anni da 2008 a 2012 (per 6 fondi il dato non è
disponibile, quindi non appaiono nel grafico).
Sul lungo periodo, il 3 anni “soffre”, il 10 anni risulta
nella media, mentre il 15 anni si posiziona decisamente meglio, anche rispetto
a fondi con componente azioni al 30%.
Situazioni comunque, quelle evidenziate nelle due tavole,
destinate a modificarsi in maniera accentuata con l’inserimento dei dati del
2013, anno nel quale, lo abbiamo evidenziato con molta chiarezza nella prima
tabella del post precedente, l’unica asset class a performare è stata proprio
quella azionaria.
Tav. 2
Infine un’ultima tavola che evidenzia quanti Fondi negoziali
sono ricompresi nei diversi gruppi che si possono formare sulla base della uguale
percentuale di azionario dichiarata nel Benchmark.
In calce, come memoria, la quota azionaria dei nostri
comparti.
Tav. 3
Azioni asset allocation strategica: comparto 3 anni: 9,75% - 10 anni: 20,75% - 15 anni: 27,75%
Azioni asset al location tattica 2013 : ………………. 7,39% - ……….. 17,09% - ……….. 24,23%
Un paio di semplici somme ci dicono che due terzi dei fondi
negoziali hanno una componente azionaria (o quanto meno prevedono la
possibilità di investire in azioni) superiore al 25%. Un terzo una componente
azionaria inferiore.
I nostri tre comparti, se si considera la quota
effettivamente investita in azioni (quindi la componente azionaria nell’ asset al
location tattica) sono tutti in
questa seconda classe.
Segno evidente della forte cautela adottata dal Fondo nella
definizione dei comparti (ma anche nella fase di investimento), cautela peraltro
non altrettano diffusa sul mercato.
Ragionando con riguardo all’architettura del Fondo, questa forte
cautela applicata a tutte le linee, origina alcune conseguenze poco gradite :
primo: la differenziazione tra comparti per classi di
rischio, è molto limitata, e questo comprime l’effetto diversificazione che cerca di ottenere
chi si orienta a sottoscrivere due comparti insieme. Una ridefinizione dei
comparti secondo una scala più ampia di contenuto azionario, risponderebbe
meglio a questa esigenza.
secondo: il montante nello zainetto di ciascun “attivo”,
risulta avere una altrettanto limitata potenzialità di crescita associata al
maggior rendimento potenziale della classe a maggior rischio.
Dato per scontato che tutti fondi pensione sono soggetti
alla stessa normativa COVIP ed al principio della "persona prudente"
nel perseguire l’ottimizzazione del rapporto redditività-rischio, perché così
tanti fondi – e non solo tra i negoziali -offrono una differenziazione delle
linee di molto più accentuata?
Sono forse da considerare troppo avventati quei lavoratori
che hanno aderito, nei fondi di appartenenza, a profili più aggressivi?
E perché il Fondo vuole calmierare le aspettative di
rendimento che l’aderente potrebbe cercar di realizzare attraverso l’iscrizione
alla linea più aggressiva di un altro Fondo Aperto, salvo, così facendo, perdere completamente
la contribuzione dell’Azienda?
Il “Documento sulla politica di investimento” adottato dal
Fondo, qui
,sembra anticipare queste osservazioni e dare anche le motivazioni che, pur
riconoscendo “la necessità di orientare la popolazione su orizzonti temporali molto
lunghi”, di fatto questa necessità la circoscrivono e limitano (cfr: pag. 5).
Vorremmo però da parte nostra osservare che non è compito
del Fondo “orientare” le scelte di investimento. E’ l’iscritto che deve
maturare le proprie scelte in funzione dei propri obiettivi temporali di
rischio/rendimento. Dal Fondo, presente soprattutto il legame contributo
azienda/iscrizione al Fondo, ci si dovrebbe invece aspettare una offerta più
differenziata, che andrà comunque sempre gestita secondo il principio della
“persona prudente” cui si accennava sopra.
Gli iscritti più giovani – abbiamo circa 8.000 aderenti al
di sotto dei 50 anni già iscritti al Comparto 15 anni - in
funzione del periodo di detenzione più prolungato, possono permettersi di
assumere più rischio, magari attraverso la sottoscrizione di due comparti
insieme, ma a condizione che davvero siano ben diversificati come
rischio/rendimento atteso. E’ una regola d’oro non solo nel campo del risparmio
previdenziale, ma nel campo del risparmio in generale.
E giova ricordare che alla fine, malgrado tutte le analisi e
i distinguo che si possono fare, a chi mette i soldi nel Fondo – così come a
chi i soldi li ha già messi ( i pensionati) – interessa, fatta ragionatamente
la scelta iniziale, solo la cifra finale: il rendimento del suo comparto.
“Ho guadagnato poco, ma ho anche rischiato poco” non regge
perché non arricchisce lo zainetto e non fa aumentare le pensioni (anzi, in
questa situazione, queste diminuiranno!).
Vale solo una seconda regala d’oro: “ a parità di rischio
voglio guadagnare di più” oppure “ a parità di rendimento, voglio rischiare di
meno”. E Il gestore si pesa così.
Il problema del modesto contributo marginale al rendimento
in funzione del rischio – secondo elemento portato nel “Documento” a sostegno
delle attuali caratteristiche delle linee - dovrebbe essere valutato come
variabile in continua evoluzione in dipendenza dell’andamento dei mercati e
delle asset class. Per ragioni operative, nel momento della definizione delle
linee, è corretto
fare riferimento ad una data situazione dei mercati
finanziari, salvo però poi considerare questa situazione in evoluzione costante,
da gestire attraverso gli interventi tattici consentiti da predefinite bande di
oscillazione delle singole asset class.
Oggi queste bande di oscillazione sembrano avere una
ampiezza molto modesta, e quindi risultano poco influenti sul risultato finale.
E così rimane la limitazione di classi poco differenziate,
fissate a priori, ma con scarsa
elasticità rispetto alla capacità di modificarsi in funzione dell’andamento dei
mercati.
Le risposte del Fondo alle vicende dei mercati nel 2013,
lette secondo questa angolazione, costituiscono l’esatta conferma del nostro
punto di vista.
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